Gentili Lettori, Gentili Lettrici,
quando penso alla parola coordinare mi sovviene sempre il film di F. Fellini «Prova d’orchestra» che mette in scena la tragica situazione di una direttore di orchestra che tenta di avere una prova in cui tutti suonino insieme e non ci riesce con un esito catastrofico per lui e anche per l’orchestra stessa, forse non per gli orchestrali che restano chiusi nella loro esplosiva e bruitale onnipotenza autoreferenziale.
Forse coordinare ha a che vedere quindi con il governo di soggettività/Io a volte irriducibili all’ordine di un’organizzazione e riottose di fronte al consonare, al convenire e al convergere dovendo, ovviamente, dare qualcosa di sé, a cedere per avere dal Noi qualcosa che viene, da chi coordina, prospettato come un arricchimento.
Ma è così? Non è dato e non è detto. Il Noi va conquistato prima e quindi assaporato nelle sue variegate interessanti sfumature.
Ogni volta coordinare, quindi, vuol dire contenere il rischio del caos dovuto alle voci di soggettività/Io che non ascoltano altro se non se stessi?
Forse tanto più oggi in cui tutti siamo dei Narcisi ansiosi e angosciati dal rischio di non essere al centro della scena?
Il raggiungimento di un Noi arricchente e arricchito dagli Io che compongono i gruppi di lavoro è quindi una sfida!
È pertanto del tutto affascinante.
Quindi, buona lettura!
Francesco Caggio