Gentili Lettrici, Gentile Lettori,
Progettare vuol dire, anche nella sua evidenza architettonica, istituire luoghi dove il sociale, nella sua accezione di polis parlante e desiderante, realizza imprese proattive per esso stesso che ne dovrebbe godere in un circuito virtuoso di dono; dono per chi lo compone e vi partecipa vitalmente teso a darsi e dare risposte a problemi ritenuti rilevanti e delicati per il benessere di ognuno e di tutti.
Se allora questo è, si progetta per progredire evolutivamente, per proiettarsi nel futuro ritenuto affrontabile e desiderabile.
In questa prospettiva in cui si opera per conservare, per coltivare, per portare avanti un’impresa ritenuta utile, necessaria, preziosa e incisiva per chi ne è il singolo destinatario e non solo, allora si è chiamati continuamente e costantemente a riprogettare il progetto iniziale.
Ma si è anche eticamente impegnati a far radicare, ad ampliare, a ramificare il progetto iniziale aprendo altri fronti progettuali affinché non ci siano cadute, perdite, dimenticanze e ovvietà e infine desuete abitudini nell’operare, danneggiando il mandato sociale che va sempre tenuto vivificato da sempre nuove aperture di senso in progetti che ne tessano l’integrità e la capacità di rispondere al nuovo che avanza.
Buona lettura,
Francesco Caggio