L’azione delle Chiese locali della Romagna da lungo tempo si è strutturata attraverso la rete delle Caritas diocesane, che a loro volta – in ogni diocesi – si sono articolate in relazione ai diversi territori di riferimento, ma anche e soprattutto in direzione dei gruppi di persone, autoctone o immigrate, a forte rischio di isolamento e di povertà.
Anche un’area come la Romagna, rafforzata da sempre dalle sue vocazioni produttive (dall’agricoltura biologica a quella industriale, dalle piccole imprese artigiane ai sistemi produttivi locali, spesso fortemente specializzati), si è trovata esposta ai fattori di crisi che hanno indebolito non solo i mercati, ma anche e soprattutto le fasce di popolazione più a rischio di esclusione sociale.
È ciò a cui porta, anche in maniera silenziosa, il processo di impoverimento progressivo che colpisce famiglie e gruppi sociali in settori e territori marginali.
In questa direzione le Caritas diocesane operano in Romagna, dotate ciascuna di propri Osservatori della povertà, che forniscono sempre indirizzi molto concreti per l’azione. Sarebbe tuttavia importante favorire la omogeneità delle analisi e l’adozione di indirizzi di metodo condivisi, per giungere a risultati che non trattino i singoli territori delle singole Diocesi (con il rischio di un forte localismo e particolarismo), ma il territorio della Romagna nel suo insieme, senza ovviamente perdere di vista le distanze e le differenze.
In questa direzione sembra muoversi la istituzione dell’Azienda sanitaria locale di area vasta della Romagna; la povertà se si manifesta localmente, è sempre più anch'essa un fenomeno che coinvolge aree senza più vaste.
Anche le Chiese locali dell’area vasta della Romagna possono dare attraverso le Caritas il loro contributo.