Il movimento cooperativo in India ha conosciuto una crescita impressionante negli ultimi decenni ed oggi è considerato uno dei più rilevanti al mondo. Contemporaneamente, l’India continua ad essere in cima alle classifiche per le disuguaglianze interne dei redditi, la presenza di lavoro coatto e la povertà estrema. Un’ormai consistente letteratura ritiene che le cooperative, in quanto tali, siano utili strumenti di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Il presente lavoro utilizza il caso indiano per discutere la relazione tra la diffusione del movimento cooperativo e il problema dell’emancipazione di gruppi sociali subalterni.
Questo saggio analizza i diversi settori di diffusione cooperativa, con particolare enfasi sul settore agricolo, per evidenziare i nodi aperti della cooperazione indiana e i casi di successo. Attraverso uno sguardo transdisciplinare, viene messo in evidenza come la forma di impresa cooperativa, nelle sue differenti declinazioni, costituisca uno strumento efficace di mutamento sociale solo nel momento in cui interviene sulle asimmetrie esistenti, intese in termini di ricchezza e accesso alle risorse (economiche, sociali e culturali). Il movimento cooperativo indiano viene perciò analizzato in riferimento al contesto locale prestando particolare attenzione alla povertà e all'esclusione sociale. Esse vengono, infatti, considerate come fenomeni multi-dimensionali. Il presente saggio sostiene come la cooperazione abbia bisogno per svilupparsi di trarre nutrimento da prassi e teoria cooperative. Si sottolinea in questo modo la necessità di elaborare una teoria politica della cooperazione in grado di ridare forza al progetto cooperativo.